10 Mag Le voci di SalTo: tra resistenza culturale e il dovere di capire
di Ella Marciello.
Il day after delle polemiche intorno al Salone del Libro è l’alba dell’apertura al pubblico del Salone stesso.
Dopo l’esclusione della casa editrice Altaforte il rumore più forte sembra essere quello della rivincita, della vittoria, delle proclamate defezioni che in realtà- alla fine- erano defezioni solo a metà. Perché se è pur vero che i Wu Ming e ZeroCalcare (solo per citarne due) avevano appassionatamente deciso di boicottare il Salone, è altrettanto vero che le loro pubblicazioni facevano bellissima mostra di sé esattamente dove avrebbero dovuto essere.
WuMing per Einaudi
E forse proprio dallo spazio- fisico e non- varrebbe la pena di partire. Da quello spazio irrisorio che sarebbe stato concesso (e poi revocato) ad Altaforte a quello della lettura come tempo nascosto, rubato, sottratto alle incombenze della vita. Mai come al salone lo spazio della lettura- da intimo e personale- diventa collettivo, corale.
E proprio qui ci interroghiamo allora sul ruolo che la cultura inderogabilmente ci offre come conforto e strumento di fronte alla vita stessa, come appiglio di fronte agli orizzonti che sembrano restringersi e come fonte di progresso, di rivolta, di opposizione.
Perché è pur vero che la Resistenza Culturale ha bisogno di spazio: di un terreno in cui siano le idee e la creatività a scontrarsi, non di un campo vuoto in cui aleggia il fantasma di ciò che poteva essere e non è stato.
Di questo abbiamo parlato con alcuni editori nel giorno di esordio di questa 32esima edizione del Salone, per capire come in realtà di fascismo e antifascismo si debba parlare oggi e del perché la tradizione del Salone, dei suoi visitatori e della città di Torino abbia in sé valori radicati e ben precisi.
Di profondamente antifascista al Salone c’è sicuramente la motivazione per cui facciamo il nostro mestiere che è quello di fare cultura, di educare le persone al bello. Educare le persone al Bello è di per sé antifascista.
Alberto Ibba, NN Editore
Dopo la scelta di escludere una casa editrice di stampo fascista si respira un’aria migliore qui al Salone, benché il programma culturale di questi giorni fosse già esaustivamente improntato verso una chiara direzione. Dall’invito alla famiglia Regeni alla commemorazione del centenario dalla nascita di Primo Levi, l’attenzione del direttore editoriale e di tutto il suo gruppo di lavoro era mirata verso un dibattito politico alto e preciso. Oggi, è stato fatto un passo in più e noi ne siamo molto felici.
Carola Messina, Robin Edizioni
Ovunque, in ogni stand, ogni casa editrice sta proponendo e portando avanti un messaggio chiaro di antifascismo, di amore per la cultura, di condivisione.
Rossella Innocentini, Uff. Stampa Minimum Fax
Per Treccani le parole hanno un valore speciale. In un mondo e in un contesto socio culturale dove si dedica sempre più tempo all’immagine e sempre meno al significato e al significante, l’attenzione sulla parole è per noi sempre molto forte e molto viva. Non solo per i neologismi -come è nostro dovere -ma soprattutto per come la parola si modifica nei contesti, all’interno dei mondi sociali e culturali. Il nostro dovere e quello delle generazioni adulte ci arriva dall’etimologia della parola “tradurre”: condurre. Un dovere di condurre le nuove generazioni a capire il vero significato delle parole, che plasmano il nostro modo di pensare e di agire. Una sfida non di facile risultato ma necessaria.
Ilaria Rigamonti, Resp. Lombardia Ed. Treccani