06 Gen Quo Vado – Recensione del film di Zalone
Zalone meno trucido, più lucido, sempre divertente
Checco riesce a stupirmi sempre.
Non so come sia cominciata questa cosa di legarlo ai vari Vanzina, De Sica, Pieraccioni e Salemme. Niente di tutto questo.
“Quo Vado?” ha una costruzione solida, brillante, sveglia. Nonostante sia un film costruito sugli sketch iperbolici e faccia credere che la banalità rassicurante sia la cifra base del suo linguaggio, Zalone e i suoi autori costruiscono una storia solida – non c’è mai un punto dello script in cui i rapporti causa / effetto vadano affanculo e ti chiedi “come ci è arrivato lì?” – e costantemente divertente.
Il film mette in scena una satira sociale e politica non schierate (ma che in realtà attacca il malcostume di tutti i partiti) rileggendo in chiave fresca, personale e divertente argomenti e difetti degli italiani già ben criticati da altri comici molto più piatti. Addirittura, in alcune scene si ha l’impressione che Zalone giochi col pubblico partendo proprio da battute già ampiamente digerite – tipo quella della pasta cucinata dal norvegese – e svoltandola in esiti inaspettati a ancora più divertenti.
La struttura fiabesca è sempre un topos irrinunciabile nei film di Zalone e anche in questo non avrete difficoltà a riconoscere tutti i vari elementi di Propp. Tuttavia qui è gradevolmente più sfumata e più legata alle ambientazioni, che comunque hanno un loro perchè logico nel film e non sono ficcate dentro per puro folklore.
Rispetto a “Sole a Catinelle” non c’è un personaggio saputello come il figlio grillo parlante e persino il personaggio di Zalone strizza meno l’occhio al pubblico più “tamarro”, facendo azioni fuori dalla sua solita macchietta e crescendo nel corso della storia in maniera più fluida e credibile, fino alla trasformazione finale. Per fare un esempio, negli altri film non avrebbe mai messo in scena una situazione in cui lui spiega concetti CORRETTI di astronomia ad un bambino prima del finale: in “Quo Vado?” questo c’è.
Bravissimo tutto il cast di supporto. Da Sonia Bergamasco nei panni della Dottoressa Sironi, la geniale villain del film, a Eleonora Giovanardi come protagonista femminile ai veterani Maurizio Micheli e Ninni Bruschetta. Cameo divertentissimo di Lino Banfi, che interpreta il politico della Prima Repubblica esperto negli escamotage del dipendente statale e vero e proprio Gandalf surreale della pellicola.
Insomma, uno Zalone meno trucido e più lucido, migliorato nella scrittura e nell’interpretazione, capace di graffiare e anche insegnare su argomenti importanti dell’Italia del 2015 – lavoro, unioni civili e matrimoni gay, fuga dei cervelli, raccomandazioni, corruzione, mafia – in una fiaba leggera, con un buon ritmo, sempre gradevole, ma non per questo priva di contenuti o bacchettona.